Ilenia: quando la passione diventa missione
Intervista a Ilenia Quagliato, fondatrice di Rescue Bau.
Da poco più di un anno, assieme a due care amiche, ho fondato Associazione Rescue Bau onlus, una organizzazione di volontariato che vuole essere un trampolino di lancio per molti cani sfortunati e un punto di incontro con le persone che vogliono avvicinarsi al mondo del cane. Questa associazione per me è parte di un percorso che ho scelto di intraprendere anni fa, quando decisi di iniziare ad operare in canile come volontaria.
Mi sono avvicinata alla realtà del canile per il desiderio di conoscere altre sfaccettature della vita dei cani. Da educatrice cinofila il mio lavoro si concentrava sull’aiutare i cani di famiglia, ma non mi sembrava abbastanza: ero convinta fosse indispensabile conoscere anche i cani più sfortunati e imparare ad aiutare anche loro. Ai miei occhi erano individui bisognosi di tempo, attenzione e soprattutto di una mano amica che riuscisse a far loro superare i traumi del passato e accettare la vita in box, a patto che questa fosse solo una soluzione temporanea.
E così iniziai a frequentare i canili, ad osservare, a farmi domande e a cercare delle risposte nei cani stessi, cercando di capire che cosa pensavano, di che cosa necessitavano, aiutandomi con ciò che avevo studiato e cercando similitudini con cani e situazioni che mi si presentavano al di fuori del canile.
Iniziai a capire che in canile le dinamiche erano davvero molto diverse da quelle che si instaurano a casa, con cani che non hanno subito traumi: alcuni cani avevano del tutto perso la fiducia nell’uomo e avevano sviluppato una paura eccessiva degli spazi al di fuori del canile e se non aiutati il loro destino sarebbe stato solo morire in un box. Ma, grazie agli educatori e ai volontari, era possibile trovare una strada per far loro riacquisire fiducia e far nascere la speranza di trovare presto una nuova famiglia.
Instaurando una relazione con quei cani, per quanto fugace possa essere, capii che ognuno di loro aveva la sua storia e che essa era in grado di segnare profondamente l’animale. Arrivando a capire questo, il mio modo di vedere il volontariato cambiò: diventò una missione. E lo è tutt’ora. Sì, perché il volontario è colui che impara a conoscere gli ospiti del canile e si impegna per rendere la loro permanenza in box il più breve possibile. Ogni amico a quattro zampe è un mondo a sè: ognuno di loro ha un passato che lo porta ad essere l’individuo che noi conosciamo in canile, con i propri limiti, con i propri bisogni, con le proprie competenze e peculiari modi di reagire agli stimoli.
Il volontario non è solo colui che deve accarezzare il cane, portarlo a passeggio e pulirgli il box, il volontario è molto di più. I cani di canile passano tutto il giorno in un box. Hanno bisogno di uscire, sfogarsi, relazionarsi con le persone e imparare a diventare cani di casa. Ma loro non lo sanno. Lo sa il volontario e il suo compito è soddisfare tutti questi bisogno nei 30 minuti che può concedere al cane. Se fosse un cane di famiglia, i suoi proprietari avrebbero molto più tempo da dedicargli, mentre in canile è tutto concentrato in poco tempo. E se in quei 30 minuti il cane ti fa le feste, impara in fretta, è visibilmente felice, allora è una gioia, è “semplice” continuare. Ma quando hai di fronte un cane a cui non interessi? Un cane che ti vede solo come fonte di cibo o che ti guarda come se sapesse di morire a breve? Difficile continuare, ma la resa non è un’opzione. E anche se inizialmente è dura, tutti gli sforzi, i dubbi, i pensieri negativi vengono spazzati via in un attimo nel momento stesso in cui trovi al tuo amico una famiglia, lo guardi negli occhi e lo vedi sereno, felice e perfettamente consapevole che la sua vita sta cambiando per sempre.
(nella foto: Ilenia che tra rieducazione cinofila e impegni di Associazione riesce anche a trovare il tempo di fare la barista!)